Ho sempre amato il sole. E spesso nella mia vita ho vissuto in luoghi dove la luce solare ha un ruolo da protagonista. Per questo il giorno in cui mi sono ritrovato a decidere se cambiare direzione e muovermi da Torino non ho avuto molti dubbi. Ho puntato dritto verso l’arcipelago delle isole Canarie. I miei occhi brillavano per l’eccitazione e la voglia di avventura.
Nuova vita, nuova lingua, nuovo lavoro e nuovi orizzonti, ma soprattuto nuovi sogni. La parte che amo di più di un viaggio infatti è proprio la pianificazione, la creazione, che mi porta a combinare luoghi, date, spostamenti. E così ho cominciato a riflettere seriamente sul mio trasferimento. Primo passo, devi sapere esattamente dove andare. Anzitutto è necessario raccogliere informazioni sul posto dei tuoi sogni.
La prima decisione presa: Tenerife
Le Isole Canarie sono sette e con stili di vita notevolmente differenti. La prima mossa è stata quella di mettermi in contatto con persone che vivono sul posto per chiedere più informazioni possibili, navigare sui forum, nei gruppi di Facebook, nei blog. Ho anche sfruttato i link ai siti utili su Internet. Non si deve prendere sotto gamba questo aspetto.
L’informazione è la base, serve a darti un’idea. Per esempio io non ero mai stato nell’arcipelago. Mi attiravano il clima, la semplicità, il sole splendente e le tante chiacchierate con persone che avevano speso un po’ di più della classica vacanza, gente che aveva vissuto intensamente la vita sulle isole.
L’isola di Tenerife è praticamente divisa a metà, nord e sud, con oltre ventidue microclimi differenti: si passa dal tropicale al lunare, alternando un territorio alpino a spiagge spettacolari.
Tanti mondi diversi, nel mezzo un vulcano gigante, il più grande di Spagna: El Teide. Si impara ad amarlo presto con il suo cocuzzolo innevato e i suoi panorami mozzafiato. Il sud poi è turistico, concentrato, lunare e internazionale. Il nord invece è verde, umido, canario intenso e piacevole.
Film, serie web e canzone per imparare lo spagnolo
Poi c’era lo spagnolo. Un altro tassello mancante. Effettivamente conoscere la lingua può permetterti di fare un bel salto in avanti in termini di ricerca, perché puoi chiedere direttamente ai nativi, alla gente che ci è nata lì e che ha una conoscenza dei luoghi molto più approfondita.
Io ho messo un bel paio di cuffie e ho cominciato ad ascoltare di tutto, lezioni su youtube, canzoni, dialoghi, corsi base, tutto ciò che avrebbe potuto darmi delle basi iniziali. L’aiuto più importante l’ho avuto da una serie web in spagnolo sottotitolata in italiano.
Ero già passato dal problema dell’incomunicabilità con l’inglese e volevo evitare il più possibile quegli sguardi a occhi sgranati nel momento in cui qualcuno ti rivolge la parola. Vero è che lo spagnolo è molto più intuitivo per l’affinità con l’italiano e con un pò di iniziativa si riesce a discorrere quasi con chiunque. Il presupposto però è: non lasciarsi mai intimorire. Nessun ostacolo è insormontabile ed io avevo troppa voglia di scoprire e imparare.
E poi finalmente il trasloco
Sembrerà una domanda stupida, ma ci sono diversi modi per affrontare un trasloco da cinquemila chilometri. Chiaramente il mezzo più veloce è l’aereo, però limita di molto il bagaglio trasportato e non puoi certo pensare di portare con te il materasso appena comprato! 🙂 Non credo sia accettato come bagaglio a mano.
L’altra possibilità è l’auto (o furgone a seconda), la mia preferita, non tanto per la comodità, quanto per l’idea di viaggio in progressione lenta. Io ho fatto in questo modo: dall’Italia attraverso la Francia si scavalcano le vecchie frontiere, si scende giù nel sud della Spagna per arrivare a Cadice o Huelva, dipende con quale compagnia si è prenotato il tratto via mare.
Due o tre giorni con la compagnia dell’azzurro tutto intorno e infine si approda a Santa Cruz de Tenerife, capitale e unica vera città dell’isola. Si possono anche usare altri mezzi di trasporto come i bus, i treni, o mezzi condivisi, ognuno sceglie a seconda della quantità di bagagli, delle motivazioni personali e/o economiche.
Io ho fatto il primo mese in avanscoperta con uno zainetto, un sorriso tascabile, pantaloni corti e respiri profondi a occhi chiusi davanti all’oceano. Poi sono tornato in Italia a prendere tutto il resto. Ma questo è un altro capitolo.