La mia decisione di andare a vivere a Edimburgo è stata accompagnata da un’assoluta determinazione: avevo visitato la città già un paio di volte, credevo di conoscere la cultura locale ed ero convinta fosse la decisione giusta.
Pochi giorni dopo il mio arrivo, mentre cercavo di orientarmi tra le diverse opzioni di tonno in scatola presenti sullo scaffale di un supermercato, mi sono ritrovata in preda a un inspiegabile senso di angoscia: tutto intorno a me sembrava alieno, dov’ero finita?
Ed è proprio questa altalenanza di sentimenti, tra curiosità e alienazione, entusiasmo e nostalgia, che ha caratterizzato l’inizio della mia esperienza a Edimburgo.
Cibo e scoperte
Ho passato i primi tempi a lamentarmi del cibo locale e di come mi mancassero le più sane specialità di casa. Nel frattempo però ho attraversato un’intensa infatuazione per i sausage rolls (finita per colpa di un’indigestione), ho cercato inutilmente di appassionarmi alla bibita nazionale scozzese Irn Bru, e mi sono poi definitivamente innamorata dei triple chocolate muffins.
Ma poi è venuta la realizzazione che, dato il suo carattere multiculturale, Edimburgo ha un’incredibile offerta di ristoranti internazionali, dalla cucina asiatica a quella sudafricana e ciò mi ha permesso di scoprire e amare piatti e ingredienti che non avrei mai avuto l’opportunità di provare a casa.
Politeness, politeness
Ricordo il mio stupore nel vedere una serie di persone in fila indiana in prossimità della fermata dei bus. Cosa stavano facendo? La coda?! Io ero abituata alla guerriglia urbana che accompagnava la salita e discesa dai tram nella mia città e quell’ordine paziente mi sembrava surreale. Ma l’educazione e le buone maniere sono una priorità nella cultura britannica ed essere “rude” è un peccato imperdonabile. Improvvisamente mi sono resa conto che probabilmente non stavo utilizzando abbastanza “please”, “sorry” e “thank you” e ho cominciato così a usarli continuamente e a sproposito (abitudine mai abbandonata).
La burocrazia
Il mio primo impatto con la burocrazia locale mi ha posto di fronte a ostacoli inattesi: le difficoltà nell’aprire un conto in banca, la carta d’identità guardata con sospetto, l’importanza di avere una pregressa storia di credito o la necessità di referenze per trovare lavoro. Mi sembrava che una serie di principi illogici continuassero a sbarrarmi la strada, quasi a sottolineare la mia non-appartenenza. Dopo la frustrazione iniziale mi sono in realtà resa conto che, una volta capite le regole chiave, la strada è discesa e la burocrazia diventa snella e efficiente.
Solitudine e quel senso di libertà
La solitudine e la nostalgia per famigliari e amici sono sicuramente stati sentimenti che ho dovuto affrontare in maniera ricorrente.
La lontananza da casa è stata però accompagnata anche da un grande senso di libertà di sperimentare e assumere diversi atteggiamenti e maniere di pensare.
Ed è proprio in virtù delle scoperte e rivelazioni che avvengono sul cammino che vale la pena partire, pur mettendo in conto che ci saranno momenti difficili. In fondo è proprio attraversando e superando quell’inevitabile senso di disagio che si evolve e si cresce.