Ciao. Mi chiamo Alice, ho 27 anni e sono una expat. Lo sono da quando di anni ne avevo 22 e per la prima volta mi sono trasferita in una città straniera: Bari.
Prima esperienza da expat
Scommetto che i più pignoli fra di voi stanno pensando che l’inizio della mia carriera da expat sia da rivedere, perché Bari (con la “r” appunto e non con la “l”) non è definibile estero.
Devo contraddirvi. Per un’inesperta e giovane ragazza, proveniente da un piccolo paese del Friuli-Venezia Giulia, Bari può essere esotica tanto quanto New York o Parigi. E poi per me questa città ha rappresentato una specie di rehearsal, di prova generale prima di affacciarmi al palcoscenico del mondo. E mi ha anche fornito un breve campionario di quelle gioie e di quei dolori tipici degli expat, che avrei approfondito solo più tardi durante le mie migrazioni transnazionali o transcontinentali: lo shock culturale, le incomprensioni linguistiche, la crescita personale.
A dirla così mi rendo conto che potrebbe suonare poco accattivante. Perché mai qualcuno dovrebbe essere contento di uscire dalla propria comfort zone per affrontare un percorso faticoso di adattamento ad un’altra cultura, un’altra lingua, un altro ambiente?
Personalmente, il motivo che mi induce ad attraversare di volta in volta tutto questo trambusto di emozioni è il desiderio di superare i miei limiti, alzare l’asticella di qualche tacca. Fino ad ora, viaggiare per me è stato il metodo migliore per esplorarmi e imparare a scoprire me stessa ed è per questo che lo raccomando a tutti. Ovviamente, come tutte le esperienze intense, anche l’espatrio ha i suoi effetti collaterali.
Cosa cambia una volta che si é expats?
Ecco alcuni dei cambiamenti che si verificheranno nella vostra vita di tutti i giorni dopo aver vissuto all’estero per un po’.
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La sindrome di Wanderlust
La sindrome di Wanderlust, anche descritta come un impulso inarrestabile a viaggiare e scoprire posti e culture differenti, è una patologia altamente diffusa fra i viaggiatori. Per quanto convinti possiate essere che la vostra esperienza all’estero rappresenti una tantum, la possibilità che a fine percorso vi sorprendiate a fantasticare su nuove mete e nuovi orizzonti è molto elevata. Questo non solo perché sarete desiderosi di continuare a vivere con la stessa intensità, bensì anche perché il portfolio di amici fatti durante questa esperienza sarà estremamente interculturale. E allora preparatevi, perché potreste passare qualche buon annetto zaino in spalla fra reunion e nuove destinazioni.
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Il dubbio iperbolico
Come già detto, il viaggio è certamente un’occasione per scoprire sé stessi. Paradossalmente però è anche perdita delle certezze, effetto che, con buona pace di Cartesio, mi sono presa la licenza di ribattezzare dubbio iperbolico.
Tutto ciò che è sempre stato considerato normale viene rimesso in discussione ed il vostro nuovo io viene forgiato da tutte le culture nelle quali avete abitato. Ora, non sto dicendo che ad un certo punto vi piacerà la pizza hawaiana, però potrebbe succedere che al vostro ritorno sul suolo natio abbiate fatto tesoro di alcune pratiche a voi precedentemente sconosciute. Ecco quindi che, scendendo da un autobus, potreste sentire il desiderio irrefrenabile di salutare e ringraziare l’autista, o, al momento di pagare al supermercato, di chiedere alla cassiera come sta.
Tutto questo – e molto altro – fa parte del pacchetto. Prendere o lasciare. Però se “è vero che per essere capaci di vedere cosa siamo dobbiamo allontanarci e poi guardarci da lontano”, I would give it a try!