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“Dove sono finita?“. Questa è stata la prima impressione quando sono andata a vivere a Londra. Era novembre, non smetteva di piovere, e nel frattempo cercavo di capire dove andare una volta scesa alla fermata del bus indicatami. Aspettavo che qualcuno venisse a prendermi. Il mio ragazzo non si era presentato. Ottimo inizio. Decine di bus mi sfrecciavano davanti, ma ancora, nessuna traccia di lui. Stavo cominciando a innervosirmi, quando all’improvviso una figura maschile saltò fuori dal nulla, era lui, si era nascosto per farmi una sorpresa.
Averlo lì a Londra, è stata una fortuna: ho potuto evitare facilmente il problema dell’alloggio (veramente complesso, come ho potuto constatare più tardi), ho potuto contare su una guida personale nella giungla burocratica, e in generale, capire le basi della sopravvivenza. Vivevamo nel profondo sud ovest della città, ben collegato con il centro e altre belle zone, e condividevamo l’appartamento con altri due ragazzi.
Il mio ragazzo è stato molto fortunato a trovare quella sistemazione: avevamo una camera singola e l’affitto era bassissimo (incredibile per Londra). Quando l’ho vista per la prima volta, ho capito perfettamente perché pagava così poco. La stanza non era una vera e propria stanza, ma un bugigattolo in cui non potevamo stare in piedi in due contemporaneamente (immaginate…!):
- c’era una specie di divano, un armadio piccolo, due comodini è una finestra (almeno quello). Giusto la base per a comunque non abbastanza per due, questo era chiaro.
Naturalmente, quella soluzione temporanea era sempre meglio di un ponte, ed eravamo molto grati a prescindere. Ma avevamo bisogno di una stanza più grande, il prima possibile, e così, abbiamo cominciato la ricerca, che ricordo come uno dei peggiori incubi della mia vita all’estero.
In contemporanea con la ricerca della casa, era necessario trovare un lavoro. Non potevo permettermi di sprecare un singolo minuto, così ho deciso di optare per la vecchia maniera:
- ho stampato 50 copie del mio curriculum e ho girato innanzitutto nel nostro quartiere, lasciando una copia a chiunque tra pub, ristoranti e negozi.
Nel giro di poche ore ho ricevuto le prime due telefonate, una da un ristorante (5 pounds all’ora senza assicurazione e contratto, no grazie!) e una da un pub.
Ho fatto una prima prova in quest’ultimo come runner, niente di impossibile. A fine servizio, ero stanca ma tutto sommato in forma, e anche loro erano rimasti soddisfatti della performance, tanto che mi offrirono subito il posto, stavolta legalmente. Ho accettato senza esitazione, ma visto che avrei dovuto cominciare la settimana successiva, ho continuato con la ricerca del lavoro, questa volta però, spostando l’attenzione verso il centro città.
Sono andata di negozio in negozio, lasciando il mio CV con un misto di paura e insicurezza, visto che il mondo del retail mi era sconosciuto se non per lo shopping. Il periodo di Natale è il migliore per trovare qualcosa di interessante: le grandi catene si preparano per i saldi, e hanno bisogno di supporto per accogliere le folle di clienti in fila dalle prime luci dell’alba per fare i migliori affari. Sono riuscita a ottenere un posto come sales assistant in una grossa azienda di moda, e l’ho accettato, stavolta per davvero.
Non avevo mai lavorato nel settore, e tutti ne erano al corrente, perciò ho fatto un training iniziale (circa un’ora più o meno), e nonostante ciò, è stato impossibile per me ricordare tutte le informazioni ricevute. Ho fatto comunque del mio meglio, ma senza successo, e alla fine del contratto, che fortunatamente era di soli due mesi, sono scappata a gambe levate dal mondo delle vendite.
Ho imparato un sacco di cose utili durante la mia esperienza londinese: c’è sempre qualcosa di nuovo, nel bene e nel male, che ti fortifica e aiuta a capire cosa è meglio per la tua vita e cosa non lo è. Per me almeno è stato così, e per questo non rimpiango niente del mio passato in giro per l’Europa.